Ricorso della regione Toscana, in persona del presidente pro- temporedella giunta regionale a cio' autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 143 del 9 gennaio 1995 rappresentato e difeso nel presente giudizio dall'avv. prof. Stefano Grassi, unitamente all'avv. prof. Carlo Mezzanotte, presso lo studio del quale in Roma, via delle tre Madonne n. 16, e' elettivamente domiciliato per conflitto di attribuzione ai sensi dell'art. 134 Cost. e degli artt. 39 e ss. della legge 11 marzo 1953, n. 87, nei confronti dello Stato, in persona del Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri, domiciliato per l'ufficio in Roma, Palazzo Chigi, in relazione al decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, emanato ai sensi dell'art. 429 c.p.p., che dispone il rinvio a giudizio, per il reato di cui all'art. 595 cod. pen., del consigliere regionale Claudio Del Lungo, per la pubblicazione di un comunicato stampa che dava notizia di una interrogazione presentata dallo stesso consigliere al presidente della giunta regionale ai sensi dell'art. 10, terzo comma, dello statuto della regione Toscana. PREMESSO DI FATTO 1. - Il consigliere Claudio Del Lungo in in data 14 maggio 1992, convocava, mediante un comunicato, intestato "Consiglio regionale della Toscana - gruppo consiliare verdi", una conferenza stampa, per il giorno successivo, presso le sedi stampa dello stesso consiglio regionale. Il comunicato (che verra' depositato unitamente al presente ricorso - doc. 1), segnalava la presentazione di un'interrogazione al Presidente della giunta regionale riferita ad un processo in corso nei confronti del presidente del Parco naturale della Maremma. Il consigliere faceva riferimento all'evento oggetto dell'interrogazione (il processo penale e le accuse che si ritenevano rivolte al presidente del Parco) ed al contenuto dell'interrogazione, diretto a censurare, con accenti fortemente polemici, il comportamento del gestore del Parco e ad accertare se le sue scelte erano avallate dalla giunta regionale. Nello stesso comunicato il consigliere Del Lungo preannunciava che in caso di conferma dei fatti denunciati o di mancata risposta, il gruppo consiliare verde avrebbe invitato tutte le associazioni ambientaliste a mobilitarsi interrompendo tutte le trattative e gli incontri in corso con la giunta regionale. All'interrogazione la giunta regionale rispondeva nel corso della seduta del consiglio regionale del 21 luglio 1992, come meglio risulta dal documento cosi' come pubblicato negli atti del consiglio (che saranno depositati insieme al ricorso - doc. 2). 2. - In data 30 luglio 1992 il presidente del consorzio del Parco naturale della Maremma presentava querela a carico del consigliere Del Lungo, per reato di diffamazione a mezzo stampa. In data 21 febbraio 1994, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze richiedeva l'archiviazione del procedimento penale. A seguito di opposizione alla richeista di archiviazione, formulata ai sensi degli artt. 409 e 410 cod. proc. pen., il presidente aggiunto della sezione dei giudici per le indagini preliminari presso il tribunale di Firenze non accoglieva la richiesta di archiviazione del procedimento penale e disponeva che il pubblico ministero formulasse entro dieci giorni l'imputazione. A seguito di tale fomulazione, e previa fissazione e svolgimento dell'udienza preliminare ai sensi degli artt. 418 e 419 cod. proc. pen., si giungeva al decreto 1 dicembre 1994, con il quale il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze ha disposto, ai sensi dell'art. 429 cod. proc. pen., il rinvio a giudizio del consigliere Claudio Del Lungo per rispondere del reato di cui all'art. 595 cod. pen., per avere offeso la reputazione del presidente del consorzio del Parco naturale della Maremma, emettendo in Firenze il comunicato stampa del 14 maggio 1992, comunicato successivamente ripreso da piu' quotidiani (atto che da' origine al presente conflitto e che verra' depositato insieme al ricorso - doc. 3). 3. - Con la deliberazione della giunta regionale n. 143 del 9 gennaio 1995 (comunicata al consiglio regionale con lettera 13 gennaio 1995), la regione Toscana ha deliberato di proporre conflitto di attribuzione davanti a questa Corte costituzionale, in relazione alla violazione della sfera di autonomia del consiglio regionale, i cui componenti non possono essere chiamati a rispondere per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, cosi' come stabilito dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione. Il conflitto risulta ammissibile e fondato sui seguenti motivi di D I R I T T O 4. - Con il presente ricorso la regione Toscana solleva conflitto nei confronti di un decreto di rinvio a giudizio emanato dal giudice per le indagini preliminari ai sensi dell'art. 429 cod. proc. pen. La giurisprudenza di questa Corte ritiene atti idonei ad originare l'invasione di competenza, che puo' dare luogo al conflitto di attribuzione, ai sensi dell'art. 39, primo comma, della legge n. 87 del 1953, anche gli atti giurisdizionali (sentenza nn. 40 del 1977, 187 del 1984 e 432 del 1994). Ne' si puo' dubitare della circostanza che il decreto di rinvio a giudizio costituisca esercizio del potere giurisdizionale, non limitandosi al semplice proponimento dell'azione penale ma costituendo l'atto conclusivo della prima fase del procedimento penale, cosi' come risulta dagli artt. 424 e 429 cod. proc. pen., e 132 e 133 disposizioni di attuazione del cod. proc. pen. Il decreto di rinvio a giudizio del consigliere regionale Del Lungo da' effettivamente luogo ad un conflitto di attribuzione, perche' la sottoposizione al giudizio penale del consigliere non puo' non interferire sull'autonomia dell'esercizio delle funzioni del medesimo e quindi sull'autonomia del consiglio regionale, che costituisce espressione fondamentale dell'autonomia costituzionale riconosciuta alla Regione. Sussiste quindi il presupposto oggettivo del conflitto da intereferenza, ritenuto ammissibile da questa Corte proprio con riferimento all'esercizio del potere giurisdizionale che leda la prerogativa di cui all'art. 122, quarto comma, cost. (sentenze n. 69 del 1985 e n. 432 del 1994). 5. - La lesione della competenza costituzionalmente attribuita alla regione deriva, infatti, dalla violazione dei principi di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., secondo cui "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Tale principio, riprodotto anche dall'art. 10, secondo comma, dello statuto della regione Toscana, implica il riconoscimento ai consiglieri regionali, al fine di garantire il pieno ed indipendente esercizio delle loro funzioni, della tutela accordata anche ai parlamentari dall'art. 68, primo comma, Cost. (che, nel testo modificato con la legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3, utilizza la stessa formulazione per garantire tale prerogativa). L'immunita' per le opinioni espresse ed i voti dati, prevista dagli artt. 122, quarto comma e 68, primo comma, ha lo scopo di garantire l'indipendenza del collegio rappresentativo e quella dei suoi componenti. L'esonero da responsabilita' dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni delle immunita' parlamentari) e', infatti, funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica. Il decreto di rinvio a giudizio costituisce pertanto atto lesivo di tali funzioni e comunque interferisce indebitamente nella sfera riservata all'autonomia politica dei rappresentanti del corpo elettorale in consiglio regionale. 6. - Non vi sono dubbi che l'interrogazione ed il comunicato stampa del consigliere Del Lungo e del gruppo consiliare Verde fossero da riferire all'esercizio delle funzioni di ispezione e controllo del consiglio regionale nei confronti della giunta regionale e di questa nei confronti degli enti dipendenti della regione (funzioni implicite e coessenziali all'esercizio della funzione legislativa e comunque connesse, nel caso di specie, con i poteri di controllo e di indirizzo sulla gestione dei parchi naturali regionali, cosi' come riconosciuti e definiti dalla legge-quadro 6 dicembre 1991 n. 394, artt. 22 a 28, ed attuati dalla legge regionale 16 marzo 1994, n. 24). Il decreto di rinvio a giudizio e' quindi riferito all'esercizio di funzioni ed all'espletamento di diritti del consigliere regionale che rientrano nella immunita' di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. 7. - La circostanza che il decreto di rinvio a giudizio indichi come strumento dell'offesa di cui all'art. 595 cod. pen. il comunicato stampa (con il quale il consigliere Del Lungo informava l'opinione pubblica della presentazione dell'interrogazione al presidente della giunta regionale), non puo' costituire causa di esclusione della riferibilita' di tale attivita' all'esercizio del diritto di esprimere opinioni nell'ambito delle funzioni di consigliere regionale. E', infatti, da ritenere che proprio con riferimento all'esercizio delle funzioni di controllo del consiglio regionale non possa non avere la piu' ampia espansione il principio di pubblicita' dell'attivita' dell'assemblea rappresentativa, sancito in via generale per le assemblee parlamentari dall'art. 64 della Costituzione (nonche' dalle norme di cui agli statuti speciali: v. ad esempio art. 20, ultimo comma, Friuli-Venezia Giulia; art. 22 Val d'Aosta; art. 22 Sardegna) e secificato, con riferimento alle attivita' del consiglio regionale, dall'art. 17 dello statuto della regione Toscana. Come sottolineava un'autorevole dottrina il motivo che ispira la pubblicita' degli atti delle camere (e dei consigli regionali) e' quello secondo cui l'attivita' dei singoli membri delle assemblee rappresentative si deve svolgere "in pubblico: innanzi o tra quel popolo che le camere rappresentano e che e' sempre idealmente presente nel parlamento che lo rispecchia" (Carlo Esposito, voce Atti parlamentari, in Encicl. dir. vol. IV, 79). Con la conseguenza che le norme dirette a garantire l'immunita' per le opinioni espresse ed i voti dati tenendo a far salve da ogni responsabilita' tutte le attivita' che costituiscono esercizio di funzioni dell'organo rappresentativo, ivi compresa la funzione di inchiesta e la funzione di controllo. Riferire sugli atti e sulle opinioni espresse nell'esercizio della funzione di controllo, costituisce quindi esercizio della funzione propria del consigliere regionale e non puo' configurare alcuna ipotesi di illecito penale. 6. - La giurisprudenza parlamentare, con riferimento all'interpretazione dell'art. 68, primo comma, ha affermato che non puo' essere perseguita l'informazione o la ripetizione, all'esterno dell'assemblea di atti ed opinioni espressi nella sede parlamentare. Piu' precisamente e' stato ritenuto rientrare nella fattispecie dell'art. 68, primo comma, Cost.: la diffusione del contenuto di una interrogazione parlamentare; la diffusione di alcune opinioni tratte dalle dichiarazioni rese da un parlamentare nel corso dello svolgimento di una interpellanza, la discussione di alcune opinioni tratte dalle dichiarazioni rese da un parlamentare nel corso della discussione di un disegno di legge; la riproduzione della relazione di minoranza presentata a conclusione dei lavori della commissione antimafia; le affermazioni e informazioni effettuate nel corso di un convegno pubblico (svolto in una sede diversa da quella della camarea di appartenenza), e riferite ai contenuti di atti propri di una commissione parlamentare di inchiesta di cui il parlamentare era membro (quest'ultima ipotesi ha dato luogo al conflitto di attribuzione deciso da questa Corte con la sentenza n. 443 del 1993, nella quale (in sede di verifica esterna sulla valutazione compiuta dal Senato, circa la sussistenza del presupposto circa la insindacabilita'", si afferma che "non appare arbitrario, ma anzi plausibile, che sia ritenuto tale presupposto sussistente relativamente al caso in cui il parlamentare aveva riferito all'esterno della commissione, in un convegno pubblico, fatti e circostanze di cui era venuto a conoscenza nell'esercizio delle sue funzioni, ed aveva nel contempo manifestato i punti di vista ed i convincimenti che avevano ispirato o cui avrebbe inteso in prosieguo ispirare sull'argomento il proprio comportamento in sede parlamentare"). Nel caso di specie non vi sono dubbi sulla circostanza che il comunicato stampa del consigliere regionale Claudio Del Lungo fosse diretto a manifestare all'esterno i convincimenti ed i punti di vista che ispiravano ed intendevano, in prosieguo, ispirare l'esercizio della sua funzione di controllo nell'ambito delle funzioni spettanti al consiglio regionale. La conferenza stampa cui il comunicato si riferisce era d'altra parte convocata presso gli uffici del consiglio regionale ed ivi si e' svolta; cosi' come l'atto formale in cui il comunicato e' stato stilato risulta in carta intestata del gruppo consiliare. Risulta quindi evidente come il decreto di rinvio a giudizio in sede penale del consigliere Del Lungo costituisca una lesione dell'autonomia costituzionalmente attribuita alla regione Toscana, con specifico riferimento all'autonomia del consiglio regionale, garantita, in via generale, dagli artt. 117, 118, 119 e 123 della costituzione, ed in particolare dal principio di insindacabilita' delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri nell'esercizio delle loro funzioni, di cui all'art. 122, quarto comma, Cost.